PUBBLICAZIONI


L'ALUNNO AUTISTICO VA A SCUOLA: PROPOSTE DI INTERVENTO DIDATTICO.
Pag. 128.
Luigi Pellegrini Editore. Cosenza.
www.pellegrinieditore.it tel 0984.795065
Quella autistica si configura come una tra le sindromi maggiormente complesse e preoccupanti dell’età dello sviluppo.
Ciò lascia intuire come una integrazione scolastica possa presentare tanti e tali aspetti problematici ai quali è necessario far fronte con un progetto di vita le cui proposte didattiche vanno commisurate ad ogni singola situazione.
Quindi è importante la conoscenza di strategie adeguate e specifiche nell’affrontare un lavoro di intervento impegnativo e difficoltoso. A tal fine nel volume viene fornita una serie di indicazioni e suggerimenti utili per poter aiutare fin da subito, “hic et nunc”, le persone autistiche, a partire dal periodo di vita che riguarda la loro infanzia. Per questa ragione il presente lavoro, dopo aver illustrato sinteticamente le metodologie adottate in campo internazionale, tratta di possibili interventi didattici immediatamente realizzabili: sono analizzate strategie che si sono rivelate valide in Italia, in Europa e in America, ai fini dell’educazione e, in questi ultimi anni, anche dell’integrazione scolastica.
Il volume, inoltre, è corredato da schede utilizzabili quali validi strumenti di osservazione, di verifica e di valutazione.


CONTENUTI

Introduzione. Cenni sul panorama degli interventi sull’autismo. L’attività del Docente di Sostegno nella integrazione e progettazione didattica per l’alunno autistico. L’intervento educativo nell’alunno autistico mediante le strategie dell’Organizzazione Teacch. Insegnare la comunicazione con le strategie della Divisione Teacch. L’efficacia della terapia musicale nella difficoltà di espressione e comunicazione. La funzionalità dell’attività motoria verso le persone autistiche.
Nuoto e autismo. Servizio sociale e abilitazione del bambino autistico.
 
LA PRATICA DELL'ATTIVITA' MOTORIA CON DISABILI MENTALI ADOLESCENTI E ADULTI.
2001.
Pag. 80
Edizioni del Cerro. Tirrenia (Pi).
Edizioni del Cerro via Delle Orchidee 17 56018 Tirrenia (Pisa).
Tel 050.37522 Fax 050.37455
E-mail: info@delcerro.it Internet: www.edizionidelcerro.it
Il lavoro prende in esame vari aspetti della pratica dell'attività motoria, ponendo l'accento in primo luogo sulla fondamentale importanza della cura dei rapporti interpersonali, soprattutto nel caso in cui l'educatore si trovi ad operare con soggetti che manifestano problemi di natura comunicativo-relazionale.Sono trattati, quindi, alcuni aspetti delle difficoltà di apprendimento e dell'importanza dell'apprendimento motorio nel quadro generale dell'apprendimento.Segue poi una serie di suggerimenti per organizzare in modo corretto una "lezione" di educazione motoria e un'analisi di due fra i più potenti mezzi di riabilitazione: il trattamento psicomotorio e la musica, ponendo in particolare risalto il fatto di come la loro reciproca interazione accentui gli effetti benefici sui pazienti.Viene infine sottolineata la notevole importanza dell'ambiente ove si svolgono le attività motorie (palestra, piscina, ambiente naturale), poiché esso influenza e condiziona in maniera determinante la tipologia e le modalità delle attività stesse.Il volume, che presenta anche la descrizione particolareggiata di singole esperienze, è corredato da fotografie significative che ritraggono persone disabili mentre svolgono le attività motorie di volta in volta proposte.In appendice sono riportati esempi di schede per la valutazione dello schema corporeo, per la verifica delle capacità motorie di base e per la valutazione giornaliera individualizzata delle attività svolte.

Contenuti

* Premessa.
* L'importanza relazionale: centralità dei rapporti umani.
* La persona disabile mentale.
* I primi incontri.
* Il significato del contatto corporeo.
* Necessità di valori fondamentali.
* Comunicazione e rapporti interpersonali.
* La fiducia è indispensabile.
* Problematiche di apprendimento.
* Concetti concreti e concetti astratti.
* L'apprendimento: le tappe, i livelli e l'attenzione.
* La possibilità di errore casuale e la sua incidenza sugli apprendimenti complessi.
* L'apprendimento dei concetti astratti con metodologia ASSPEC.
* Alcune considerazioni sull'apprendimento motorio.
* Aspetti della didattica.
* La verifica.
* Qual è l'importanza della programmazione?
* Quali obiettivi?
* Carenza di metodologie specifiche: che fare?
* Proposta di alcune attività.
* Aspetti importanti delle lezione.
* Le attività psicomotorie e la musica.
* Suoni prodotti e suoni ascoltati.
* Il rilassamento psicomotorio mediante l'ascolto di musica distensiva.
* Musica distensiva e psicomotricità.
* L'influenza degli ambienti sulle attività motorie.
* Una esperienza di attività ludico-motoria all'aria aperta.
* Appendice A: scheda per la valutazione dello schema corporeo.
* Appendice B: scheda per la verifica/valutazione delle capacità motorie di base.
* Appendice C: scheda di valutazione giornaliera individualizzata delle attività motorie.

Bibliografia di riferimento.
ARTICOLI
 
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BIOMECCANICA DEL SALTO IN LUNGO
 
BIOMECCANICA DEL SALTO IN LUNGO

di Carlo Salvitti

L'articolo è incentrato sulla tesi che la velocità sia di estrema importanza in tutte le fasi del salto in lungo, in special modo nella fase iniziale della rincorsa. Il gesto atletico sarà analizzato in ogni sua fase in cui verrà enfatizzato il ruolo determinante della velocità di corsa e di esecuzione dei movimenti (o rapidità). Le fasi in cui la specialità è generalmente suddivisa sono la rincorsa, lo stacco, il volo e l'atterraggio; tale suddivisione non comporta il frazionamento della specialità che va vista interamente nel suo insieme al punto che l'atleta che salta in lungo difficilmente sarà in grado di percepire le linee di demarcazione tra i quattro momenti , cosa che tra l'altro non avrebbe nessuna funzione didattica.Le quattro fasi sono consequenziali e un eventuale errore si ripercuoterebbe inevitabilmente sulle fasi successive e sul risultato della prova.

La rincorsa

Ha lo scopo di far acquisire al centro di gravità del corpo dell'atleta (CG)energia cinetica la quale sarà trasformata, nella fase di stacco, in velocità di uscita dallo stacco o di proiezione.Per capire l'importanza della rincorsa basti pensare alla forza necessaria nel salto in lungo da fermo per atterrare a 2-3 metri di distanza, forza esercitata da entrambi gli arti inferiori.Nella rincorsa la lunghezza del passo è di per sè valutata al di sopra dei 2 metri, quindi facilmente un atleta principiante con una rincorsa adeguata può superare i tre-quattro metri di salto.Quindi massima sarà l'energia cinetica accumulata nella rincorsa, massima potrà essere la velocità di uscita dallo stacco e migliore il risultato del salto.

La rincorsa di un saltatore in lungo presenta sostanziali differenze dalla corsa di uno sprinter: nella corsa veloce ( es. 100 metri) è importante che l'atleta mantenga in ogni istante la velocità massima possibile senza raggiungere picchi troppo elevati che causerebbero inevitabilmente cali di velocità susseguenti causati da fattori energetici.

Nella rincorsa del salto in lungo è determinante che il picco di massima velocità si raggiunga nel momento di entrata allo stacco. Questo non sta a significare che la prima parte della rincorsa possa essere lenta, ma che l'atleta deve trovare la rincorsa più giusta in riguardo alla lunghezza totale, alla lunghezza del passo e al ritmo esecutivo in accelerazione.La fase iniziale della rincorsa consente di accelerare tramite gli Impulsi che la pedana restituisce all'atleta per reazione alle sue forze esercitate. Gli impulsi sono proporzionali alla forza esercitata dagli arti inferiori sulla pedana e al tempo di esercizio di tale forza (I=FxT).Per questo motivo si consiglia all'atleta di "spingere" bene con i piedi senza lasciarli sfuggire anticipatamente.
La biomeccanica ci informa che la velocità di rincorsa (Vr) è il risultato del prodotto della frequenza (Fp) dei passi (o numero dei passi al secondo) per la loro lunghezza (Lp): Vr = Fp x Lp. La massima velocità di rincorsa (Vr max) si avrà nel momento in cui saranno massimi sia il fattore Fp sia quello Lp: Vr max = Fp max x Lp max.
In pratica, però, si verifica che all'aumento di uno dei fattori corrisponde inevitabilmente la diminuzione dell'altro!
Quindi è necessario un compromesso tra frequenza e lunghezza dei passi che garantisca una velocità di rincorsa ottimale. Questo è un discorso che giustifica le differenze degli stili di esecuzione della rincorsa da parte di atleti aventi caratteristiche muscolari o appartenenti a scuole diverse.
I tipi di rincorsa più usuali, in riferimento ai passi, sono due: avvio con alta frequenza e avvio con maggiore lunghezza.
Ogni atleta sceglie la più adeguata e congeniale alle proprie caratteristiche neuromuscolari.
Il preavvio.
Per quanto riguarda il preavvio si può affermare che secondo quanto afferma la Meccanica << Il lavoro compiuto da una particella è uguale alla variazione della sua energia cinetica >> ( L= E1 – E0 = ½ m V1² - ½ m Vo²) , risulta maggiore il lavoro compiuto da un atleta che da inizio alla rincorsa senza preavvio. Per fare un esempio si possono considerare due ipotetici atleti di peso corporeo di 70 Kg., che entrano nella fase di stacco ambedue alla velocità di dieci metri al secondo, ma di cui solo il primo esegue un preavvio alla velocità di due metri al secondo:
1° atleta L = E1- E0 = 1/2 x 70 x 100 - 1/2 x 70 x 4 = 3500 - 140 = 3360 Kgm;
2° atleta L = E1- E0 = 1/2 x 70 x 100 - 1/2 x 70 x 0 = 3500 - 0 = 3500 Kgm;
il 2° atleta sprigiona 140 Kgm in più del primo sottraendo energia che ovviamente non sarà disponibile né per la rincorsa, né per lo stacco.

Lo stacco

Una buona rincorsa sarà trasformata in un buon salto proprio da uno stacco ottimo.Gli ultimi passi della rincorsa, detti "passi speciali" o "di entrata", servono per prepararsi ad eseguire questa determinante azione.Nella fase di volo si potrà fare ben poco per correggere errori di impostazione dello stacco poiché il corpo non avrà più nessun punto di appoggio per esercitare forze correttive. L'analisi dello stacco è un momento didattico molto interessante sia per l'atleta che per lo studioso: in questa fase il saltatore in lungo determina l'altezza di uscita (h), la velocità di proiezione (Vp) e l'angolo di proiezione (beta) del suo centro di gravità (fig. 1), variabili dalle quali dipende in linea di massima il risultato del salto.


Fig. 1
La velocità di proiezione potrebbe essere identica a quella di entrata allo stacco, ma con la pressione esercitata dal piede sull'asse di battuta una piccola quantità di energia cinetica viene persa.
Il tempo di stacco (Ts) è inverso alla velocità di entrata: più la velocità è alta meno deve essere il tempo di stacco. Osservando la fig 2 vediamo che il tempo di stacco equivale al tempo impiegato dal centro di gravità per passare dalla posizione di entrata a quella di uscita dallo stacco: quanto maggiore sarà la Ve tanto minore dovrà essere il tempo impiegato. Tuttavia se il Ts fosse troppo breve la direzione del vettore Vp risulterebbe molto schiacciata, come nella corsa veloce, nel caso contrario la Vp sarebbe indirizzata verso l'alto avvicinandosi ai modelli del salto in alto; esso si aggira tra i 100 e i 130/140 millesimi di secondo.

Fig. 2
Continuando nell'analisi dello stacco c'è da dire che esso si compone sul piano tecnico di tre fasi che corrispondono grossomodo a quelle che caratterizzano il momento dell'appoggio nella corsa veloce: contatto con il suolo, ammortizzazione, sostegno, spinta, stacco dal suolo. Mentre nello sprint il contatto avviene con l'avampiede, nello stacco è l'intera pianta del piede ad appoggiarsi al suolo, poichè il solo avampiede non sopporterebbe le enormi pressioni.
La prima fase inizia con il tocco al suolo del piede di stacco.
Immediatamente i muscoli estensori dell'arto inferiore producono una forza di contrazione eccentrica di cedimento (ammortizzazione).Lo stiramento molto rapido dei muscoli estensori innesca il riflesso da stiramento in grado di produrre nella successiva fase di spinta una forza ed una velocità tali che la potenza erogata (forza x velocità) assume valori elevatissimi e irrangiugibili con altri tipi di contrazione muscolare.
Ad un certo punto il cedimento si arresta nel sostegno che segna il passaggio da una forza pliometrica di cedimento ad una reattiva di superamento che farà staccare dal suolo il corpo del saltatore.Nella fase di sostegno i muscoli estensori si contraggono isometricamente senza accorciarsi, si scarica a terra una enorme pressione (azione) alla quale seguirà una reazione contraria indirizzata verso l'alto e in avanti (spinta).
Durante la fase di spinta, invece, i muscoli estensori si accorciano molto rapidamente originando una velocissima e fortissima estensione dell'arto inferiore di stacco.L'entità dell'estensione è talmente elevata che la flessione plantare del piede, in confronto, risulta irrilevante e non apporta nessun contributo.
Il tempo di spinta (ts) può essere valutato all'incirca alla metà del tempo di stacco (ts = Ts/2 = 50-60 ms).
Prendiamo ora in considerazione l'impulso (I) che risulta dal prodotto della forza di spinta (Fs) per il tempo di spinta (ts):
I = Fs x ts.La formula ci suggerisce che l'impulso è proporzionale al tempo di spinta; quest'ultimo è maggiore nel salto in alto, specialità nella quale l'impulso assume, evidentemente, un valore importante.
Se consideriamo, invece, il coefficiente di reattività R = Fs/ ts x peso corporeo, ci rendiamo conto che il tempo di spinta in questo caso è inversamente proporzionale ad R, vale a dire che un tempo di spinta minore determina, a parità di forza di spinta, un coefficiente di reattività maggiore: è quanto avviene nelo stacco del salto in lungo, specialità nella quale la reattività è determinante.
Angoli dello stacco

A) Di entrata allo stacco
- angolo di impostazione della gamba: è l'angolo acuto formato dall'asse della tibia e dal suolo (64°-68°);
- angolo di piegamento dell'anca: formato dall'asse del femore e l'asse longitudinale del corpo (circa 110°-120°);
- angolo di piegamento del ginocchio formato dall'asse del femore e dal prolungamento verso l'alto dell'asse della tibia
(circa 35°-43°).

B) Di uscita dallo stacco
- angolo di stacco o di allontanamento formato dall'asse tibiale e dal suolo, anteriormente alla tibia stessa (70°-75°);
- angolo di estensione dell'anca angolo acuto formato dall'asse del femore e dall'asse longitudinale del corpo,
(15°-20°);
- angolo di estensione del ginocchio, femore e tibia sono quasi allineati;
- angolo di volo vedi angolo beta nella fig.1 (16°-25°).

Variazioni angolari
Durante lo stacco la coscia percorre un angolo di circa 75°-90°, la gamba propriamente detta ne percorre 40°-45°, l'angolo tra tibia e femore varia di 40°-45°.

Velocità angolari
Risulta impressionante la velocità angolare della coscia di 70°-75° in 100 millisecondi, vale a dire di 700°-750° al secondo che misuato in giri equivale a due giri al secondo!

Nel momento in cui la spinta si conclude, l'atleta si stacca dal suolo per iniziare la fase di volo.Da questo momento la lunghezza del salto è già decisa, ma bisogna mettere in atto accorgimenti che consentano di non perdere centimetri preziosi.

Il volo

La velocità di entrata (Ve) si conserva, con minime perdite, nella velocità di proiezione (Vp), la quale possiede due componenti ortogonali: la velocità verticale (Vv) e quella orizzontale (Vo).


fig. 3

Al momento di uscita dallo stacco la Vv è rivolta verso l'alto e possiede la massima intensità, la Vo è minima; l'angolo di proiezione è massimo.
Procedendo nel volo queste misure subiscono variazioni, ad eccezione della Vp che rimane costante:
- la Vv diminuisce fino ad azzerarsi nel punto di massima elevazione del centro di gravità dell'atleta, per poi invertire direzione verso il basso in accelerazione di caduta;
- la Vo cresce fino a diventare massima nel punto di massima elevazione del CG, punto in cui coincide per verso, direzione e intensità alla Vp, poi decresce fino al momento dell'atterraggio;
- l'angolo di proiezione beta si appiattisce fino ad azzerarsi nel punto di massima elevazione, per poi riaumentare al di sotto della Vo.


fig. 4

Movimenti in volo

Durante il volo non è possibile modificare la traiettoria del CG rispetto al suolo, però è possibile modificare la posizione del CG rispetto al corpo dell'atleta.Sappiamo che se un adulto in stazione eretta alza un braccio in alto il suo CG si sposta verso l'alto di 3 cm, se alza anche l'altro braccio il CG si solleva di 6 cm.
Durante il volo portando le braccia verso l'alto accade la stessa cosa (il CG si solleva all'interno del corpo di 6 cm), solo che non avendo l'appoggio a terra, il corpo dell'atleta si abbassa di 6 cm per riportare il CG nella traiettoria immutabile;
abbassando le braccia il CG si abbassa rispetto al corpo di 6 cm, ma il corpo si alza di altrettanti centimetri, cosa che nel momento dell'atterraggio farebbe guadagnare preziosi centimetri in lunghezza del salto.
Ma perché ciò accada l'atleta dovrebbe uscire dallo stacco a braccia alzate per poi abbassarle un attimo prima dell'atterraggio.
La seconda azione è tecnicamente possibile, mentre la prima risulterebbe un po' complicata.
Dunque i movimenti in volo consentono di annullare movimenti di rotazione, soprattutto intorno all'asse trasversale del corpo, che porterebbero l'atleta ad un atterraggio poco proficuo.
I movimenti durante il volo consentono al busto di rimanere più o meno in verticale per poi chiudersi a libro insieme agli arti inferiori i quali, al momento dell'atterraggio, dovrebbero essere distesi e sollevati per toccare il suolo il più lontano possibile.

Calcolo teorico del risultato

Dallo studio del moto dei proiettili sappiamo che la lunghezza della gittata di un corpo può essere calcolata con la formula
L = (Vp)² sen 2ß /g .Tale formula, tuttavia, non tiene conto della differenza del CG dal suolo tra il momento dell'inizio
e della fine del volo, mentre sappiamo che il salto in lungo è un salto in basso, poiché nell'atterrare il CG risulta più basso rispetto allo stacco.

fig. 5

La lunghezza totale del salto, quindi, è data dalla somma del segmento AB più il segmento DC.
La lunghezza dei due segmenti può essere calcolata con la legge della meccanica S = V x t;
la velocità è quella orizzontale Vo; il tempo totale di volo è dato dal tempo di volo impiegato a percorrere il tratto AB (T1 = 2Vv/g) più il tempo di volo impiegato a percorrere il tratto BC (T2).
T2 può essere calcolato dividendo il tratto BD (differenza di altezza del CG tra lo stacco (A) e l'atterraggio (C)) per la velocità verticale media nel tratto BC, che è VvmBC = (VvB+VvC)/2.La velocità verticale nel punto C può essere calcolata con la formula VvC = VvB+ g (BD/VvB) che indica che la VvC è data dalla somma della VvB più l'accelerazione di gravità (g) moltiplicata per il tempo impiegato dal CG a percorrere il tratto BD.Comunque, data la piccolissima differenza, possiamo paragonare la VvC alla VvB.
Quindi T2 = BD/[(VvB+VvB)/2] = BD/(2VvB/2) = BD/VvB
Allora la lunghezza del salto sarà L = Vo (T1+T2) = Vo [(2Vv/g)+(BD/VvB)].
Considerando il tratto BD uguale a 25 cm possiamo stilare una tabella di risultati teorici calcolati a partire dalle componenti velocità orizzontale e verticale.



Velocità verticale
m/s 2,68 3,00 3,36 3,67 4,00 4,21
Velocità orizzontale
m/s
5,95 3,73 (6,52) 4,08 (6,66) 4,47 (6,81) 4,82 (6,99) 5,19 (7,16) 5,43 (7,28)
6,26 3,92 (6,81) 4,29 (6,94) 4,70 (7,10) 5,07 (7,25) 5,45 (7,43) 5,72 (7,54)
6,58 4,13 (7,10) 4,51 (7,23) 4,94 (7,38) 5,33 (7,53) 5,74 (7,70) 6,01 (7,80)
6,90 4,32 (7,40) 4,73 (7,52) 5,18 (7,67) 5,59 (7,81) 6,02 (7,97) 6,30 (8,07)
7,21 4,53 (7,69) 4,95 (7,80) 5,42 (7,95) 5,84 (8,09) 6,29 (8,24) 6,58 (8,34)
7,53 4,72 (7,99) 5,17 (8,10) 5,66 (8,24) 6,10 (8,37) 6,57 (8,52) 6,88 (8,62)
7,84 4,92 (8,28) 5,38 (8,39) 5,89 (8,52) 6,35 (8,65) 6,84 (8,80) 7,16 (8,89)
8,16 5,11 (8,58) 5,60 (8,69) 6,13 (8,82) 6,61 (8,94) 7,12 (9,08) 7,45 (9,17)
8,47 5,32 (8,88) 5,81 (8,98) 6,36 (9,11) 6,86 (9,23) 7,39 (9,36) 7,74 (9,45)
8,79 5,51 (9,18) 6,03 (9,28) 6,61 (9,40) 7,12 (9,52) 7,67 (9,65) 8,03 (9,74)
9,10 5,70 (9,48) 6,24 (9,58) 6,84 (9,70) 7,38 (9,81) 7,94 (9,94) 8,31 (10,02)
9,42 5,91 (9,79) 6,46 (9,88) 7,08 (10,00) 7,63 (10,10) 8,22 (10,23) 8,60 (10,31)
9,73 6,10 (10,09) 6,67 (10,18) 7,31 (10,29) 7,89 (10,39) 8,49 (10,51) 8,89 (10,59)
10,05 6,30 (10,40) 6,89 (10,48) 7,55 (10,59) 8,15 (10,70) 8,77 (10,77) 9,18 (10,89)
10,36 6,49 (10,70) 7,10 (10,78) 7,79 (10,89) 8,40 (10,99) 9,04 (11,10) 9,46 (11,17)
10,68 6,70 (11,01) 7,32 (11,09) 8,03 (11,19) 8,66 (11,29) 9,32 (11,40) 9,76 (11,47)
Elevazione CG m 0,37 0,46 0,57 0,68 0,81 0,90
Tempo di volo s. 0,627 0,686 0,752 0,811 0,873 0,914

I risultati teorici sono riportati in metri nel riquadro centrale, tra parentesi sono indicate le velocità di proiezione (Vp) corrispondenti, le quali nei salti in cui le velocità verticali sono contenute, si avvicinano molto alle velocità di rincorsa di entrata allo stacco.La tabella può essere usata sia in riferimento all'atleta esperto sia al principiante.

Dunque il risultato teorico del salto si ricava moltiplicando la velocità orizzontale per il tempo di volo; ma quest'ultimo dipende dalla velocità verticale di uscita dallo stacco, oltre che dalla capacità del saltatore di ritardare il più possibile l'atterraggio al suolo (vale a dire incrementare il tratto BD fig. 5 ).
Se aumenta la sua Vv l'atleta si eleva di più dal suolo a discapito della Vo con conseguente peggioramento del risultato del salto:
una considerevole quantità di energia cinetica di rincorsa verrebbe persa perché indirizzata eccesivamente verso l'alto (lavoro antigravitario).
Un rapporto ottimale tra Vo e Vv è quindi di 10 a 4, cioé di 2,5 a 1.
Con un tale rapporto tra Vo e Vv l'angolo di proiezione beta risulta essere ottimale se compreso tra i 21°-22°.
 
Educare.it


L'aprasia nel disabile mentale giovane ed adulto, alcune strategie di intervento educativo.

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