CARLO SALVITTI (2007)
L’ALUNNO AUTISTICO VA A SCUOLA: PROPOSTE DI INTERVENTO DIDATTICO

LUIGI PELLEGRINI EDITORE

www.pellegrinieditore.it tel 0984.795065




PAG 128 EURO 15,00



Quella autistica si configura come una tra le sindromi maggiormente complesse e preoccupanti dell’età dello sviluppo.
Ciò lascia intuire come una integrazione scolastica possa presentare tanti e tali aspetti problematici ai quali è necessario far fronte con un progetto di vita le cui proposte didattiche vanno commisurate ad ogni singola situazione.
Quindi è importante la conoscenza di strategie adeguate e specifiche nell’affrontare un lavoro di intervento impegnativo e difficoltoso. A tal fine nel volume viene fornita una serie di indicazioni e suggerimenti utili per poter aiutare fin da subito, “hic et nunc”, le persone autistiche, a partire dal periodo di vita che riguarda la loro infanzia. Per questa ragione il presente lavoro, dopo aver illustrato sinteticamente le metodologie adottate in campo internazionale, tratta di possibili interventi didattici immediatamente realizzabili: sono analizzate strategie che si sono rivelate valide in Italia, in Europa e in America, ai fini dell’educazione e, in questi ultimi anni, anche dell’integrazione scolastica.
Il volume, inoltre, è corredato da schede utilizzabili quali validi strumenti di osservazione, di verifica e di valutazione.


CONTENUTI

Introduzione. Cenni sul panorama degli interventi sull’autismo. L’attività del Docente di Sostegno nella integrazione e progettazione didattica per l’alunno autistico. L’intervento educativo nell’alunno autistico mediante le strategie dell’Organizzazione Teacch. Insegnare la comunicazione con le strategie della Divisione Teacch. L’efficacia della terapia musicale nella difficoltà di espressione e comunicazione. La funzionalità dell’attività motoria verso le persone autistiche.
Nuoto e autismo. Servizio sociale e abilitazione del bambino autistico.


Dello stesso autore (2001): La pratica dell’attività motoria con disabili mentali adolescenti e adulti. Edizioni del Cerro. www.edizionidelcerro.it Tel 050.37522

Carlo Salvitti Email: carlosalvitti@alice.it

INTRODUZIONE

Quella autistica si configura come una tra le sindromi maggiormente complesse e preoccupanti dell’età dello sviluppo anche in vista del fatto che la sua fenomenologia perdura per tutta la vita. Esso appare mediante una vasta serie di sintomi tale da indurci a parlare non più di “autismo”, ma di “spettro autistico”(Wing, 1996).
Anche la classificazione diagnostica è resa complessa a tal punto da considerare l’autismo come un disturbo generalizzato dello sviluppo. Generalizzato in quanto investe aspetti diffusi della personalità, quali lo sviluppo percettivo, attentivo, la motricità, le capacità cognitive, il linguaggio, l’imitazione e l’adattamento ambientale.
Inizialmente l’autismo era stato considerato di origine psicosociale, ma le ricerche e le esperienze più attuali evidenziano sempre di più l’aspetto neuro-biologico.
Il termine autistico è stato usato per primo da Bleuler nel 1911 come riferimento a malati mentali contraddistinti da una mancanza di accostamento alla vita reale.
Nel 1951 Kanner specificò ulteriormente la descrizione di tali caratteristiche arrivando a parlare di distacco da ogni rapporto con le persone, di una idea fissa a mantenere costante l’ambiente di vita.
Asperger nel 1944 individuò una varianza di situazioni nei bambini autistici che oscillava tra la quasi normalità sino a casi gravi nei quali erano riscontrabili gravi danni biologici; oggi con la sindrome di Asperger ci si riferisce a quei pochi casi di bambini autistici con capacità intellettive praticamente nella norma, con linguaggio evoluto ma con importanti problemi nell’area relazionale.
Pur mantenendo una sostanziale affinità con la concezione kanneriana del comportamento autistico, oggi si utilizzano dei parametri diagnostici fondamentali che fanno riferimento alle seguenti caratteristiche:


 problemi di interazione sociale, sono i più evidenti. I bambini non possono rispondere quando sono chiamati per nome, tendono a evitare lo sguardo, spesso non comprendono i gesti, il tono della voce, la mimica e le emozioni altrui; appaiono inconsapevoli dei sentimenti altrui, e dell’effetto del loro comportamento sugli altri; a volta negli ambienti inusuali o rumorosi tendono ad essere aggressivi; sono incapaci a rapportarsi con altri bambini o con gli adulti.
 Problemi di comunicazione, più del 50% delle persone con autismo resta incapace di parlare per tutta la vita, quelli che acquisiscono il linguaggio verbale lo fanno in ritardo e parlano in terza persona. Se presente, il linguaggio è spesso anomalo; alcuni si esprimono con singole parole, altri ripetono la stessa frase con significato estraneo al contesto; altri ripetono meccanicamente ciò che hanno udito (ecolalia); comunque tutti i ragazzi con autismo hanno problemi nella comprensione della comunicazione.

 Problemi di comportamento, movimenti inusuali ripetitivi (stereotipie), utilizzo improprio dei giocattoli, attaccamenti a particolari oggetti, scarsa coscienza dei pericoli o forti paure ingiustificate, risate o pianti inappropriati, iperattività o passività, comportamenti autoaggressivi come picchiarsi la testa o mordersi le mani.

A questo punto ritengo opportuno non inoltrarmi in elencazioni delle cause accertate o probabili, in classificazioni internazionali e in esiti di ricerche nel campo medico e neurobiologico. Questo non perché tali aspetti non siano importanti, anzi; ma in considerazione, piuttosto, del fatto che in questo volume ci preme dare essenzialmente una serie di indicazioni e suggerimenti utili per poter aiutare fin da subito, “hic et nunc”, le persone autistiche a partire dal periodo di vita che riguarda la loro infanzia. Per questa ragione il presente volume, dopo aver trattato sinteticamente di metodologie adottate in campo internazionale, parlerà di possibili interventi didattici immediatamente realizzabili. Nei capitoli successivi, perciò, verranno analizzate altre strategie che si sono rivelate valide, in Italia, in Europa e in America, ai fini dell’educazione e, in questi ultimi anni, anche dell’integrazione scolastica. In particolare saranno presentate tematiche che riguardano la figura del Docente di sostegno, le strategie previste dall’organizzazione Teacch, la musicoterapia, l’attività motoria, il nuoto. Infine verrà discusso il ruolo del servizio sociale in prospettiva dell’integrazione tra scuola, riabilitazione, famiglia e associazioni, allo scopo di predisporre interventi unitari e coordinati.

Tenendo presente la triade sintomatica descritta e considerando che circa il 75% delle persone con autismo presenta anche diagnosi di ritardo mentale, si può ben capire come una integrazione scolastica possa presentare tanti e tali aspetti problematici ai quali è necessario far fronte con un progetto di vita le cui proposte didattiche vanno commisurate ad ogni singola situazione.
Sono richieste importanti capacità e disponibilità di elasticità di organizzazione, un globale interessamento di risorse e figure interne ed esterne alle istituzioni educative e sociali, che costituiscano una “rete” in grado di interagire su vari piani con il bambino autistico; sono, altresì, necessarie specifiche metodologie e strategie di integrazione.
In molti casi le persone autistiche hanno la necessità di ricevere una educazione per tutto l’arco della loro vita, ma ciò presuppone che esse abbiano ricevuto, sin dall’infanzia, un intervento che abbia consentito uno sviluppo migliore possibile delle loro abilità. Se da un lato è vero che il ciclo di istruzione secondaria non è il periodo migliore in relazione a tale scopo, bisogna anche ritenere, d’altro canto, che l’età preadolescenziale e adolescenziale non può essere considerata troppo tardiva per migliorare o completare le loro capacità. Considerato che per la persona autistica non esiste la cura risolutiva delle problematiche cognitive, relazionali, comunicative e adattive, non possiamo dimenticare che “abbiamo però la possibilità di insegnargli molto di quello che gli serve per vivere” . In questa possibilità l’istituzione scolastica, l’insegnante di sostegno in primis, così come le istituzioni extrascolastiche, hanno un ruolo determinante e irripetibile che non si può far sfuggire. Per non perdere questa occasione occorre che insegnanti, educatori, istruttori, terapisti e il personale tutto, siano a conoscenza di strategie adeguate e specifiche per non farsi trovare impreparati nell’affrontare un lavoro di intervento impegnativo e difficoltoso, nel quale la perseveranza, il saper attendere, la pazienza e la calma assoluta sono doti irrinunciabili. Come tutti gli altri cittadini, le persone autistiche hanno diritto, tra l’altro, all’integrazione scolastica e sociale. La scuola e le altre istituzioni, dal canto loro, devono essere pronte ad accoglierle.
Un altro aspetto da prendere in considerazione riguarda il mondo frammentato dei servizi dei quali la persona autistica usufruisce. Istruzione, riabilitazione, associazionismo sportivo, culturale, ricreativo, sono un esempio di persone preparate e competenti nell’intervenire sulle capacità per svilupparle. Il problema è che troppo spesso questi interventi non sono collegati e coordinati tra loro, quindi trovano difficoltà ad ottenere i migliori risultati possibili. Si avverte, quindi, la necessità di istituire “Uffici regionali di collegamento e coordinamento per lo sviluppo del potenziale umano delle persone diversamente abili” che coinvolga tutti gli assessorati interessati alla istruzione, sanità, riabilitazione, sport, servizi sociali e così via.
A tali uffici toccherebbero le seguenti funzioni:
 collegare, integrare, coordinare e ottimizzare tutti i vari servizi esistenti sul territorio regionale che intervengono sulla persona autistica e diversamente abile;
 favorire lo scambio concreto di esperienze metodologiche attraverso incontri teorico-pratici, stages, ecc.;
 coinvolgere le varie agenzie educative nella formazione universitaria e post-universitaria degli operatori professionali;
 istituire un Centro di Raccolta Dati su agenzie che operano nella regione sulle persone diversamente abili e su specialisti presenti in grado di offrire consulenza, creando con queste connessioni telematiche multimediali di rapido accesso;
 organizzare aggiornamenti congiunti;
 reperire fuori regione informazioni su nuove strategie di intervento e sulla loro efficacia;
 attivare e avviare presso centri operativi di riferimento programmi di ricerca, sperimentazione e innovazione metodologica.

In questa maniera si supererebbe la condizione di apportare sulla persona autistica una semplice somma di strategie operative, ottenendo una condizione più favorevole che potrà dar luogo ad una intensificazione e moltiplicazione dei benefici e ad un incremento dei risultati ottenuti con le diverse tipologie di intervento.


Carlo Salvitti.




TESTI DI RIFERIMENTO
American Psychiatric Association (1994): Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, DSM IV. Ediz. it. (1995): Manuale diagnostico e Statistico del Ritardo Mentale. Milano. Masson.

Cottini L.(2002): Che cos’è l’autismo infantile. Roma. Carocci Editore.

Cottini L.(2002): Educazione e riabilitazione del bambino autistico. Roma. Carocci Editore.

O.M.S. (1995): ICD-10.Criteri diagnostici per la ricerca. Milano. Masson.
Simpson R.L., Zionts P. (1995) : Cosa sapere sull’autismo. Trento. Erickson.

Watson L.R. et Al.(1998): La comunicazione spontanea nell’autismo. Trento. Erickson.

SITOGRAFIA

www.angsaonlus.org